Licenziamenti in tronco

Le conseguenze dei licenziamenti senza preavviso, sono pesanti sia per l’equilibrio economico che sulla psiche della persona, soprattutto quando abusivi. L’art. 337 del Codice delle obbligazioni consente il licenziamento immediato per cause gravi, tuttavia, solo mancanze significative permettono tale azione. La giurisprudenza è severa nell’ammettere il licenziamento in tronco, senza rispettare i termini di preavviso ordinari. Nel caso di meri sospetti gravi sul comportamento di un dipendente, il Tribunale federale ha stabilito che il datore  di lavoro deve aver fatto tutto il possibile per verificarne la veridicità. Malauguratamente, troppo spesso, accade che il datore di lavoro attui un licenziamento in tronco senza le giustificazioni adeguate andando a ledere pesantemente la persona colpita. Tale evento stravolge la vita di chi lo subisce e rappresenta un trauma.
Abbiamo raccolto le testimonianze dirette di due persone che hanno subito modalità di licenziamento ingiuste e che hanno richiesto e ricevuto sostegno dal SIT in questo frangente…



La storia di Andrea*

*nome fittizio
Età: 45 anni
Esperienza: 25 anni nel settore sanitario
Professione: Infermiere


Nel mio percorso professionale, ho trascorso quasi vent’anni in una casa di cura per anziani. Ho iniziato come infermiere, ricoprendo anche il ruolo di formatore per gli allievi e perito cantonale. Successivamente, sono diventato caporeparto e, negli ultimi cinque anni, ho ricoperto la posizione di responsabile delle cure e dell’assistenza. In questo lungo periodo, ho sempre ricevuto valutazioni eccellenti sia da parte della direzione che dai miei collaboratori. Non ho mai ricevuto richiami o ammonimenti. Ho sempre raggiunto tutti gli obiettivi fissati dalla direzione. 

Durante la mia carriera, ho avuto solo dieci giorni di assenza, e questo è avvenuto durante il periodo del Covid, quando ero in quarantena. Ho sempre cercato di dare il massimo, anche nei momenti di alta fluttuazione del personale, quando mi trovavo spesso a lavorare con pochi collaboratori e con un carico di lavoro elevato. Ho informato regolarmente la direzione e le risorse umane riguardo ai reclami ricevuti dai collaboratori e dai familiari degli ospiti, sempre dovuti alla carenza di personale. Nonostante ciò, ho continuato a sostenere l’azienda, cercando soluzioni per superare le difficoltà.

Il mio licenziamento in tronco è avvenuto a metà novembre, quando sono stato convocato  dalla direzione e dalla responsabile delle risorse umane. Il motivo che mi è stato fornito per il licenziamento era l’abuso di potere legato al mio ruolo. Questo mi ha colto di sorpresa e mi ha lasciato in uno stato di shock. Mi sono sentito come un criminale e, in quel momento, avrei desiderato scomparire. Ho cercato di ottenere supporto dal mio direttore, con il quale avevo instaurato un rapporto di fiducia, ma la sua reazione è stata il silenzio, senza alcun commento o protezione nei miei confronti.

La responsabile delle risorse umane mi ha impedito di difendermi, dicendo che non dobbiamo entrare nelle discussioni, e alla fine sono riuscito solo a dire che la mia coscienza è pulita e che avrei lasciato l’azienda a testa alta. Da quel momento, è iniziato un incubo: la mia autostima è crollata e ho vissuto momenti di profonda tristezza. Ho informato mia moglie e mia figlia dell’accaduto e ho iniziato a riflettere, a pensare e a non dormire bene. Non riuscivo a gestire il dolore emotivo e, alla fine, sono
andato dal medico, che mi ha prescritto degli psicofarmaci per la prima volta nella mia vita.

Nei giorni seguenti, ho ricevuto molti messaggi e telefonate dai miei colleghi e amici che cercavano di sostenermi in questo momento difficile. Tuttavia, ho notato che molte delle persone a cui avevo dato supporto nei momenti difficili erano scomparse. Mi sono ricordato di una frase di una persona a me cara, che purtroppo non c’è più: “Quando sei qualcuno, ti mettono il tappeto rosso; quando sei nessuno, dai solo fastidio... Ricordati che la riconoscenza non fa parte di questo mondo”

Fortunatamente, sono iscritto da anni ai Sindacati indipendenti Ticinesi. Il Segretario  Cantonale Mattia Bosco, ha preso in mano il mio caso con grande competenza e umanità. Mi ha aiutato moltissimo, attivando tutti gli uffici e gli strumenti necessari, ed è stata presentata un’istanza in pretura contro il licenziamento in tronco.

Ad oggi, la burocrazia per essere registrati all’Ufficio di collocamento è complessa, e questa è la prima volta che mi trovo in questa situazione. Mentre ero in fila per consegnare i documenti, osservavo le persone attorno a me, tutte con espressioni imbarazzate, tristi e disperate. Mi sono chiesto come facessero a gestire tutta la documentazione e a fare le ricerche necessarie, considerando che dietro ognuno di loro c’erano famiglie e impegni economici. Ho vissuto sulla mia pelle l’umiliazione e l’incertezza, essendo rimasto per quasi due mesi senza entrate economiche.

Le domande mi tormentavano giorno e notte: “Cosa succederà domani? Come farò? Cosa accadrà alla mia famiglia? Dove ho sbagliato? Poteva andare diversamente?” Ho cercato di nascondere le mie emozioni a mia moglie e a mia figlia, ma loro capivano e cercavano di starmi vicino. Dopo due mesi di incubo, ho trovato una nuova occupazione presso un’altra casa anziani, con condizioni contrattuali migliori rispetto al mio datore di lavoro precedente. 

Quello che posso dire è che, in passato, non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione simile, pensando che sarebbe successo solo ad altri. Ho compreso che il mio dolore di oggi potrebbe diventare il dolore di qualcun altro in futuro. Il consiglio che mi sento di dare a chi si trova in una situazione simile è di non perdere mai la speranza, di avere a disposizione un sindacato e una protezione giuridica, e di non lasciare che le nuvole del presente oscurino il sole del futuro. Ricorda che chiusa una porta, si apre un portone, e la vita continua con nuove sfide e soddisfazioni.

Il sostegno giuridico ricevuto dal SIT è stato fondamentale e mi ha permesso di difendermi. Di fronte al giudice, il mio ex datore di lavoro ha ritirato il licenziamento in tronco e lo ha riformulato come licenziamento ordinario con la disdetta di tre mesi, sottolineando che non c’è stato nessun motivo grave. Oltre a questo, è stata concordato un risarcimento economico per i danni subiti.



La storia di Leandro*

*nome fittizio
Età: 59 anni
Esperienza: 20 anni
quale dirigente
Professione: Responsabile regionale


La mia esperienza come collaboratore è stata ottima fino alla riorganizzazione a livello svizzero con un cambio importante dei dirigenti. Ho rivestito per 20 anni il ruolo di responsabile regionale, gestendo un numero importante di collaboratori, mantenendo buoni rapporti sia con i quadri superiori che con i collaboratori. Più recentemente, con il cambio della dirigenza, i rapporti si sono deteriorati. 

Non sono stato licenziato in tronco ma liberato sin da subito dal fornire la prestazione lavorativa.
Il salario mi è stato corrisposto ancora per sei mesi dopo il licenziamento come dai termini
di contratto.
Il licenziamento è avvenuto con il responsabile che si è presentato nel mio ufficio. Sarebbe dovuto essere un incontro per la valutazione dei risultati dell’anno precedente, invece mi ha comunicato il licenziamento assieme al responsabile svizzero HR. Le motivazioni, o perlomeno, la giustificazione, è stata che non si poteva più continuare la collaborazione a causa della mia gestione della regione. Alla
domanda su quanto contassero i risultati (nel 2023 avevo raggiunto risultati eccellenti), la risposta è stata: “in questi casi i risultati non contano nulla”
.

Questa modalità di licenziamento è stata uno shock. Mi sono ritrovato a dover firmare un  documento molto velocemente, con le mani che tremavano quasi da non riuscire a scrivere, dopo la comunicazione dell’interruzione della collaborazione si è passati subito alla parte tecnica. Mezz’ora dopo lasciavo l’azienda. Cinque minuti prima hai l’agenda piena e cinque minuti dopo è completamente vuota. E questo è uno dei fattori che più ho faticato a gestire.

Nei mesi che hanno seguito il licenziamento ho vissuto percependo un profondo senso di disagio, sensi di colpa e difficoltà ad accettare l’accaduto. Anche la famiglia viene investita da questo terremoto in maniera molto intensa e emotivamente devastante. Le dinamiche familiari vengono sconvolte anche per l’ansia finanziaria che una situazione del genere comporta. Personalmente ho toccato il fondo dal profilo morale quando ho avuto il primo colloquio con il responsabile dell’ufficio regionale di collocamento.

A quel punto, sentendomi affranto, ho deciso con il mio medico di famiglia e la mia compagna di far capo ad uno psicologo. Sia il sostegno psicologico che l’appoggio giuridico ricevuto dal parte del sindacato SIT sono stati di grande aiuto e mi permettono ora di vedere il futuro in maniera un po’ più rosea.

Non ho ancora trovato una nuova occupazione. Attualmente alcune opportunità sembrano affacciarsi all’orizzonte. Negli ultimi anni, con le frizioni con la dirigenza, desideravo andare in pensione il prima possibile. Ora, mi ritrovo ad avere ancora il piacere di poter dare qualche cosa e quindi continuare anche fino a 65 anni.

La mia disavventura dimostra quanto nessuno sia al riparo di situazioni difficili. Non conta se si sia dirigenti o collaboratori e quindi bisognerebbe sempre considerare che quanto successo al sottoscritto possa succedere a chiunque. Consiglio a tutti, indipendentemente dalla situazione in cui ci si trova di coltivare al meglio la propria rete di contatti. Non bisogna avere paura di chiedere aiuto ed eventualmente, come nel mio caso, farsi aiutare da uno psicologo. Come già dicevo ho anche avuto un aiuto notevole da parte del SIT confermando l’importanza di far parte di un sindacato.



La lettura della Segreteria di Stato dell’Economia dell’articolo Articolo 337 CO sulla risoluzione immediata nell’ambito di contratti di diritto privato

“Una risoluzione immediata è ammissibile unicamente per cause gravi. È considerata causa grave ogni circostanza che non permetta di esigere da chi dà la disdetta la continuazione in buona fede del rapporto di lavoro (art. 337 CO). 

Violazioni gravi del lavoratore giustificano un licenziamento immediato anche senza preavviso. Tra queste figurano: reati sul posto di lavoro, rifiuto ripetuto o generale di compiere il lavoro, attività concorrenziale, divulgazione di segreti d’affari, accettazione di bustarelle, vie di fatto e oltraggi a superiori o colleghi (a meno che non si tratti di semplici casi di lieve entità). 

Per le violazioni meno gravi del lavoratore una risoluzione immediata da parte del datore di lavoro è ammissibile solo dopo un avvertimento. Tra queste possono rientrare: arrivo al posto di lavoro in ritardo, assenza isolata dal posto di lavoro senza un motivo valido, eccessivo uso del telefono o di Internet sul posto di lavoro, mancato rispetto delle istruzioni del datore di lavoro ecc. La valutazione dipende sempre dalla situazione specifica. 

Salvo in casi eccezionali, una cattiva esecuzione del lavoro è tutt’al più un motivo per una disdetta ordinaria, ma non per una risoluzione immediata. Una risoluzione immediata non può in nessun caso essere motivata con il fatto che il lavoratore sia stato impedito senza sua colpa di lavorare (art. 337 cpv. 3 CO). 

Ovviamente i rimproveri devono corrispondere ai fatti. Se il datore di lavoro licenza un lavoratore in tronco perché sospetta che abbia commesso un furto e tale sospetto non è confermato dalle indagini svolte, la risoluzione immediata è avvenuta ingiustamente. 

Se il datore di lavoro non reagisce immediatamente, perde il suo diritto a una risoluzione immediata.”

(Fonte: www.seco.admin.ch)




Questo e altri articoli sul numero 422 di Progresso Sociale, il periodico dei Sindacati Indipendenti Ticinesi distribuito gratuitamente ai suoi soci.

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